Il ritorno del Sultano

25/10/23 – Hamas terrorista? Quando mai, è un movimento di liberazione.
Parola di Recep Tayyip Erdogan, presidente sunnita della Turchia islamica neo-ottomana.

Il ‘sultano’ di Ankara se ne intende.

Nella prima fase della guerra in Siria è stato uno dei principali sponsor degli islamo nazisti dell’Isis, allora battezzata opposizione islamica moderata al regime del presidente alevita/sciita siriano Bashar el Assad.



I milizianidi Hamas sono “liberatori” che combattono per la loro terra, “non dei terroristi”, ha spiegato ai deputati del suo partito. Erdogan è entrato con forza nel balletto politico-diplomatico attorno alla guerra di Gaza grazie alla crisi degli ostaggi. Con il Qatar.

I due governi sunniti, vicini a Hamas (di cui ospitano dirigenti sul loro territorio) come anni fa sostenitori più o meno occulti dell’Isis in Siria, sono stati invitati a svolgere un ruolo di mediatori per cercare di ottenere la liberazione dei 222 ostaggi per lo più civili, israeliani ma anche stranieri o con doppia nazionalità, prigionieri dal movimento islamico nella rete di tunnel scavati sotto la Striscia.

Da 20 anni al potere in Turchia, Erdogan aspira da tempo a diventare il ‘grande leader’ del mondo arabo (paradossalmente, dato che la Turchia è un paese islamico ma non arabo) con esiti alterni.

In Siria ha fallito l’obiettivo dichiarato di rovesciare il regime dell’arcinemico Assad per instaurare un califfato sunnita, cliente della Turchia neo-ottomana. Però ha occupato una fetta di territorio siriano al confine, da dove conduce una guerra permanente non dichiarata contro le forze curde dell’Ypg che controllano la parte orientale del paese. E che con l’Iran e l’Hezbollah libanese hanno impedito la vittoria dello Stato Islamico dell’Isis.

Il leader turco ha anche cancellato una visita in Israele, accusato di “commettere crimini contro l’umanità a Gaza”. Nessun accenno alle stragi di centinaia di civili, molti bambini, donne, anziani, perpetrate a sangue freddo da Hamas il 7 ottobre in Israele, che hanno innescato la risposta di Israele, alle violenze, alle torture, alle decapitazioni, agli stupri.

Per il leader turco la guerra di Gaza è una occasione per rafforzare l’influenza di Ankara nella sponda sud del Mediterraneo, nel duplice ruolo di propagatore dell’Islam (finanziate dalla Turchia molte nuove moschee in tutta l’area, con mollah formati in Turchia) e insieme di unico stato membro musulmano della Nato.

Erdogan è uscito inoltre rafforzato dalle presidenziali della primavera scorsa, che ha vinto inaspettatamente dopo 20 anni di di potere autoritario, nei quali ha purgato le strutture dello stato in particolare l’esercito, dello spirito laico kemalista, e disinibito la maggioranza islamica del paese.

La Turchia di Erdogan aspira ad imporsi ora come primo attore del mondo islamico. Ha esteso la sua influenza in Libia nel dopo Gheddafi e nel resto Maghreb. Si misura per la supremazia nel mondo sunnita con le potenze rivali, Arabia Saudita, Egitto, Qatar, in un confronto con l’arcinemico sciita iraniano.

E per ora la situazione di stallo nell’avvio dell’intervento israeliano a terra a Gaza, dovuta alla crisi degli ostaggi ed alle pressioniUsa per ritardare l’invasione della Striscia, sembrano dare spazio all’attivismo diplomatico-propagandistico del Sultano di Ankara. E la reazione irata di Israele alle parole del presidente turco (definite “gravi e disgustose” anche dal vicepremier italiano Matteo Salvini) , non può che fare il gioco di Erdogan nel mondo arabo.

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francescocerri

Giornalista Internazionale. Nato come specialista di politica europea e di sicurezza. Inviato a Sarajevo durante la guerra dei Balcani, e al Tribunale Penale Internazionale al processo Milosevic. Corrispondente in Israele/Palestina durante l'intifada, in Turchia durante la guerra in Siria e la rivolta di Gezi Park. In Spagna , con gli indignados, e Portogallo. Presidente onorario della stampa parlamentare europea. Cavaliere della Repubblica.

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