17/ 12 /23 – Le cose non sono quasi mai del tutto nere o bianche nel bizantino intreccio fra politica e guerre in Medio Oriente. Israeliani e palestinesi non fanno eccezione.
Anzi. Già 20 anni fa, quando lo stato ebraico iniziò a costruire il tanto contestato, dai palestinesi, muro di separazione con la Cisgiordania, si sapeva che il cemento usato per l’opera era comprato a produttori palestinesi…
Ora, in piena guerra di Gaza, si conferma che il premier israeliano Netanyahu ha probabilmente agevolato negli ultimi anni l’arrivo di centinaia di milioni di dollari proveninenti dal Qatar ad Hamas. O perlomeno ha chiuso gli occhi.

Netanyahu vuole ‘Bibistan’ in Palestina, caricatura Haaretz
Secondo documenti segreti del 2018 dell’intelligence israeliana e americana citati dal New York Times, il premier era stato informta dell’esistenza di flussi finanziari per circa mezzo miliardo di dollari a beneficio del gruppo armato islamico.
Parte di questi soldi è stata usata per l’attacco e i massacri del 7 ottobre, per costruire l’imponente arsenale missilistico del gruppo e scavare i 500 km di tunnel strategici sotto le città della Striscia, preparando la guerra contro Israele.
L’allora capo della ‘guerra economica’ (Task Force Harpoon) del Mossad, il servizio segreto esterno israeliano, Udi Levy, ha detto di avere informato Netayahu già nel 2015 sui flussi finanziari di Hamas. Secondo Lev Netanyahu “non si è interessato molto alla questione”.
L’anno seguente il servizio di Levy è stato sciolto. E nonostante Hamas sia stato dichiarato movimento terrorista da Usa e Europa, non sarebbero state prese misure per spezzare la sua ragnatela finanziaria.
Il piccolo impero economico gestito a partire dalla Turchia grazie all’appoggio del premier Erdogan comprende, secondo il New York Times, miniere, allevamenti di polli, imprese edilizie in Sudan, proprietà immobiliari negli Emirati Arabi e in Turchia.
Secondo diversi analisti Netayahu e il suo governo consideravano Hamas più interessata a governare Gaza che ad attaccare seriamente contro Israele. Tragico errore. Lasciando arrivare ingenti finanziamenti al gruppo islamico, il premier voleva rafforzare Hamas nei confronti del Fatah del presideente palestinese Abu Mazen, che controlla la Cisgiordania. Dividere per regnare… E rendere impraticabile, separando la Cisgiordania del Fatah da Gaza controllata da Hamas, l’ipotesi di uno stato palestinese.
+ Il Nelson Mandela palestinese
Da oltre due mesi sotto la pioggia di bombe israeliane, Hamas sembra essere ancora in grado di tessere una sua strategia politica. Che punta s conquistare il potere anche in Cisgiirdania. Rovesciando il presidente Abu Mazen, successore di Yasser Arafat dal 2004.

Le trattative pilotate ds Qatar e Egitto per una nuova pausa umanitaria starebbero riprendendo. Fonti di Hamas citate dal quotidiano giordano Rai al-Youm prevedono che il gruppo islamico chieda in cambio della liberazione di ostaggi israeliani (ancora 130 circa) il rilascio di prigionieri palestinesi di primo piano. E soprattutto di Marwan Bargouthi, del Fatah, in carcere da 20 anni in Israele, il politico probabilmente più popolare fra i Palestinesi.
Barghouti era considerato il successore naturale di Arafat già al momento della morte del vecchio leader nel 2004. Ma Israele ha sempre negato la sua scarcerazione. Giocando piuttosto la carta Abu Mazen. Bargouthi è considerato un leader intelligente e moderato, portato al negoziato, il ‘Nelson Mandela’ palestinese. La sua liberazione aumenterebbe la popolarità di Hamas in Cisgiordania. E indebolirebbe, a tutto beneficio del gruppo islamico, Abu Mazen. Che i palestinesi vogliono mandare via, come gli israeliani Netanyahu.