23/5/2024 – E’ una sana competizione. Fra Recep Tayyip Erdogan, il ‘sultano’ e presidente turco nostalgico della ‘Grandeur’ dell’impero ottomano, e Pedro Sanchez, il premier socialista spagnolo la cui permanenza al potere è in bilico in parlamento sui voti dei 7 deputati dell’ex ‘president’ indipendentista catalano Carl Puigdemont, esperto in ricatti politici. I due aspirano, sembra, a diventare il nuovo leader del mondo arabo. Erdogan lo tenta da vent’anni. Da quando il suo partito islamico Akp è arrivato al potere, dando il via ad una islamizzazione rampante dello stato turco. Benché non arabo, ma turco (lui però spiega che turchi e arabi sono fratelli), il ‘sultano’ sposa tutte le cause degli estremisti islamici sunniti, i Fratelli Musulmani. Ha appoggiato, armato, finanziato, i terroristi dell’Isis in Siria, ha partecipato ai bombardamenti contro gli Houtis sciiti in Yemen che hanno fatto strage di civili, lancia anatemi regolarmente contro Israele, accoglie e protegge i dirigenti del gruppo terrorista palestinese Hamas (che considera “liberatori, non terroristi”). Ha messo in carcere oppositori, parlamentari curdi. Le organizzazioni dei diritti umani denunciano la Turchia come la più grande prigione a cielo aperto per i giornalisti. Ma nonostante tutto ciò – o forse proprio per questo – è oggi il leader politico più popolare nel mondo arabo sunnita.

Caricatura Hamas
Ora però deve vedersela con un concorrente inaspettato, lo spagnolo Pedro Sanchez. Che dall’inizio della crisi di Gaza cavalca la retorica più anti-israeliana. Dopo le atrocità perpetrate da Hamas nel sud di Israele il 7 ottobre, che hanno scatenato la micidiale ma inevitabile guerra di Gaza, è stato l’ultimo dirigente europeo a recarsi in Israele in novembre. Gli altri leader Ue avevano portato messaggi di solidarietà e dolore. Sanchez ha soprattutto denunciato la guerra dello stato ebraico nella Striscia contro Hamas e le vittime civili. Provocando sconcerto e rabbia fra gli Israeliani. E i ringraziamenti di Hamas. Ora il premier spagnolo gira il coltello nella piaga. Ha annunciato che riconoscerà lo ‘stato palestinese’. Una mossa soprattutto simbolica e ideologica. Ma politicamente aggressiva in questo momento verso Israele. E strategicamente poco intelligente. La minaccia di un riconoscimento unilaterale di uno stato palestinese, per ora inesistente, dovrà servire a premere su Israele, dopo la guerra, a negoziare una pace equilibrata. Ora è sprecata. E’ solo propaganda. Doveva essere una iniziativa condivisa, aveva lasciato intendere Sanchez, da diversi altri paesi Ue. Ma la Spagna si è auto-isolata. Fra i 27 solo la ‘piccola’ Irlanda si è associata. Con la Norvegia, paese extra comunitario. La mossa è stata accolta con entusiasmo da Hamas. E con irritazione dal governo israeliano del premier Netanyahu. Che ha richiamato l’ambasciatrice a Madrid. E promette ritorsioni. Il governo Sanchez ha accolto con favore anche la richiesta del procuratore, islamico, del Tribunale Penale Internazionale, Karim Khan. Che ha chiesto alla Corte un mandato di arresto contro Netanyahu e contro il ministro della difesa Gallant. Assieme a tre dirigenti di Hamas (dopo avere chiesto l’anno scorso un mandato di arresto contro il presidente russo Putin, che lo ha freddamente ignorato).

Osservatrici militari disarmate israeliane ostaggi di Hamas
Una iniziativa che ha provocato lo sdegno dei grandi paesi occidentali, Usa, Germania, Italia. Per il “vergognoso” avvicinamento fra il governo di un paese democratico (l’unico in Medio Oriente) e i capi di un gruppo terrorista che hanno ordinato i massacri, gli stupri, le torture, di centinaia di inermi civili israeliani il 7 ottobre. Solo perchè ebrei. E che vogliono distruggere Israele e uccidere tutti i suoi abitanti. Stranamente non si ha notizia di un mandato di cattura contro l’ex-presidente americano George Bush, per l’invasione illegale dell’Iraq, e i 600 mila morti iracheni, con la scusa inventata delle ‘armi di distruzione di massa’ di Saddam Hussein. O contro i dirigenti dell’Isis ed dei loro sostenitori (Turchia, Qatar, Arabia Saudita) per il genocidio, vero questa volta, dei civili siriani…. Chissà, una giustizia a senso unico? Il movimento islamico ha un’altra ragione di congratularsi con Madrid. La vice-premier Yolanda Diaz ha fatto proprio uno slogan di Hamas, chiedendo una “Palestina libera dal fiume al mare”. Cioè fra il Mare Mediterraneo e il fiume Giordano. Proprio dove si trova Israele, che verrebbe così cancellato dalla superficie della Terra con i suoi 10 milioni di abitanti ebrei.

Recep Tayyip Erdogan
Ignoranza storico-geografica, nel migliore dei casi? Incompetenza politica? Affanno nel salire sul carro di Hamas e di sedurre l’estremismo islamico sunnita? Conquistare simpatie nella sinistra antisemita prima delle elezioni europee? La signora Diaz non deve sapere che Israele è stato fondato dopo la seconda guerra mondiale con la benedizione della comunità internazionale per garantire un rifugio sicuro per gli ebrei dopo il genocidio di sei milioni di loro nei campi di concentramento nazisti… Mentre il resto del mondo guardava da un’altra parte, come ha denunciato il presidente Usa Biden, e fingeva di non vedere. E mentre l’allora capo dello stato spagnolo Francisco Franco incontrava a Hendaye il suo benefattore Adolf Hitler, che l’aveva aiutato con Benito Mussolini a rovesciare il governo legale di Madrid ed a vincere la Guerra Civile. Massacrando decine di migliaia di ‘rossi’. L’eleganza politica, se non la correttezza morale, forse dovrebbero invece indurre anche la Spagna ad assumere come fanno la maggior parte dei paesi europei, in primis la Germania, la responsabilità per avere chiuso gli occhi sull’Olocausto ebreo. Pur criticando l’impresentabile governo di estrema destra israeliano. La governatrice di Madrid Isabel Ayuso, del Partito Popolare, ha fatto un parallelo fra Eta, il gruppo armato basco ora scomparso, e Hamas. “Tu uccidi, e io ti darò una Comunità Autonoma” (il Paese Basco), “tu uccidi, e ti darò uno Stato” (la Palestina a Hamas). La frecciata di Ayuso al governo socialista potrebbe rivelarsi premonitrice. Se il braccio armato di Hamas non sarà distrutto da Israele a Gaza (restano ancora circa 15mila miliziani nascosti nei tunnel di Rafah), è probabile infatti che sia Hamas a prendere il potere nel futuro stato palestinese. Sconfiggendo il Fatah dell’attuale presidente palestinese Abu Mazen, alla guida a Ramallah di un governo debole e corrotto, ai minimi storici in termini di popolarità fra i palestinesi. Che invece anche in Cisgiordania secondo i sondaggi, preferiscono i terroristi di Hamas. La Palestina diventerebbe un Califfato Islamico, naturalmente Israele permettendo. Cosa improbabile. Il solo leader ‘laico’ palestinese che potrebbe bloccare Hamas è Marwan Barghouti. Da sempre considerato l’erede di Yasser Arafat, è tuttora il leader politico più popolare in Palestina. E l’unico probabilmente in grado di concludere una pace con Israele. Ma da 20 anni il carismatico ‘Nelson Mandela palestinese’ sconta cinque ergastoli in un carcere israeliano. Ed è improbabile che il governo Netanyahu, il più di estrema destra della storia di Israele, accetti di liberarlo…