ULTIMO NATALE DI GUERRA PER L’UNIONE (SOVIETICA?) EUROPEA. È L’ORA DEI MACHO-LEADER: PUTIN, TRUMP, ERDOGAN…

25/12/24 – È stato il Natale della svolta. L’anno che inizia sarà molto diverso. Apparterrà a una generazione di ‘nuovi’ macho leader:  l’anarcoide Trump e la sua anima dannata Musk, il – per la propaganda occidentale –  Satana Putin, il Sultano neo-ottomano Erdogan.  Sarà anche probabilmente 87u l’inizio della decadenza politica dell’Ue – che il sociologo Bock-Coté paragona per alcuni aspetti all’Unione Sovietica – e della dittaturà del pensiero unico che ha espresso negli ultimi anni. Con i suoi piccoli leader, il francese Macron, il tedesco Scholz o lo spagnolo Sanchez (aggrappato alla poltrona nonostante gli scandali di corruzione). Allineati sul ‘piccolo’ presidente Usa Biden. Cui la guerra in Ucraina ha fatto toccare record di incompetenza. Ai danni dei loro stessi concittadini, impoveriti dal costo e dalle conseguenze economiche di una guerra assurda e inutile.Traformando la cultura della pace ad ogni costo – “mai più la guerra” – con cui l’Europa Unita è nata sulle macerie della Seconda Guerra Mondiale, nel 1957, in una testosteronica logica bellica, di ritorno allo scontro armato come strumento per risolvere i conflitti politici. Un salto all’indietro di un secolo. 

LA PAX TRUMPIANA – Il 2025 segnerà una svolta per l’Europa. Con la fine della guerra in Ucraina. Che Trump ha promesso di imporre non appena alla Casa Bianca. Si insedierà il 20 gennaio. La pace darà in buona parte soddisfazione alle ragioni di Mosca. Come già previsto negli accordi di Istanbul, due anni fa (e decine di migliaia di morti fa). Fatti saltare da Biden e dall’allora premier inglese Johnson (“un idiota” per la ora defunta regina Elisabetta).  La pace farà tornare la Russia nei meccanismi di cooperazione internazionale da cui, demonizzata, è stata esclusa negli ultimi due anni. Con pesanti conseguenze per gli equilibri mondiali. Sarà troppo tardi per impedire le altre crisi gravissime – le guerre di Gaza e del Libano, la caduta della Siria nelle mani dei jihadisti pro turchi ex-Isis/Al Qaida – che sarebbero state evitate se Mosca non fosse stata marginalizzata da Biden e dall’Europa. E, dice Trump, se lui fosse stato alla Casa Bianca. Ma almeno il pugno duro e il ‘America First’ di Trump dovrebbero portare una certa stabilità.  La vittoria del tycoon alle presidenziali Usa ha già prodotto cambiamenti positivi. Tre paesi Ue hanno preso le distanze dalla linea bellica di Bruxelles. I premier di Ungheria e Slovacchia hanno visto Putin a Mosca. Scholz gli ha parlato al telefono per la prima volta dal 2022. Lo stesso prrsidente ucraino Zelensky parla ora di pace nel 2025. Alle ultime europee i partiti anti guerra hanno segnato progressi importanti, sconfiggendo quelli della nomenclatura bellicista . Alle politiche tedesche di febbraio è prevista una affermazione dell’Afd, pro Putin, e alle probabili legislative anticipate francesi dell’estate dovrebbe vincere il Rn anti-sistema di Marine Le Pen.  Ma il pensiero unico pro Ue, pro Nato e pro-Biden yin diversi paesi tenta ad ogni costo di impedire un cambiamento di rotta. Con metodi che ricordano quelli dell’ex-Urss verso i paesi satelliti. 

Romania, proteste contro ‘colpo di stato’ corte costituzionale

IL PRECEDENTE RUMENO – L’esempio più vistoso è quello della Romania. Il candidato antisistema e pro russo, Georgescu, è arrivato primo al primo turno delle presidenziali. Ma con una decisione senza precedenti la corte costituzionale, due giorni prima del secondo turno, che Georgescu avrebbe probabilmente vi to, ha annullato il voto. Sostenendo che attraverso Tik Tok (!) la Russia avrebbe influenzato il voto. Un modo per dire che gli elettori rumeni, quando ‘non votano bene’, sono imbecilli che si fanno dettare le proprie scelte da Tik Tok… Qualcosa di simile si è prodotto anche in Georgia. Alle presidenziali ha vinto il candidato anti Ue, l’ex calciatore  Kavelashvili. Ma la presidente pro-Ue uscente Zourabichvili si aggrapa alla poltrona denunciando presunte irregolarità . Rifiuta di andarsene. Convoca ogni giorno migliaia di sostenitori come scudi umani per evitare di essere mandata via manu militari. Una riedizione della cosiddetta  ‘rivoluzione ucraina’ di Piazza Maidan nel 2014. Quando migliaia di manifestanti per lo più di estrema destra, appoggiati da Ue e Usa e dai media occidentali, rovesciarono il presidente eletto pro-russo Janukovic. Un colpo di stato che ha aperto la strada poi verso l’attuale guerra con Mosca. E ad una interpretazione preoccupante della post-democrazia ‘brejneviana’ verso la quale sembra incamminarsi l’Ue. L’Urss di Brejnev, ricorda Bock-Coté, lasciava un certo spazio di manovra ai paesi satelliti se rimanevano nel solco del socialismo e della logica sovietica. Altrimenti rimetteva in riga chi pensava (e votava) male… 

ERDOGAN, SIGNORE DELLA SIRIA JIHADISTA, “IO E PUTIN GRANDI LEADER MONDIALI“- Il ‘sultano’ Erdogan, che finalmente dopo 10 anni di guerra è riuscito a rovesciare Assad e a conquistare Bagdad grazie agli alleati jihadisti ex-Al Qaidia e ex-Isis dell’Hts,, sposta ora il mirino contro le forze curdo-siriane, che controllano il nord est del paese. I miliziani curdi, che nella prima guerra di Siria avevano impedito, con la Russia, l’Iran e l’Hezbollah libanese, la vittoria dell’Isis, finanziata da Turchia e Qatar, ora sono attaccati dai jihadisti teleguidati da Ankara e bombardati dall’aviazione turca.  Erdogan, che sogna di ricostituire l’impero musulmano sunnita, ha inviato a Damasco Hakan Fidan, il molto potente ex-capo dei servizi segreti, oggi ministro degli esteri, per guidare i primi passi al potere dei suoi alleati jihadisti. Che cercano per ora di rassicurare l’Occidente. Una sorta di Isis in cravatta, teleguidata da Ankara. Erdogan punta a distruggere la Rojava,  l’entità curda autonoma creata nel nord della Siria. Erdogan ha ordinato ai curdi di deoorre le armi. o, ha minacciato, “li seppelliremo con le loro armi”. Il ‘sultano’ di Ankara, presente anche in Libia, è ora il nuovo uomo forte del Mediterraneo Sud. “Io e Putin siamo gli unici grandi leader” del.mondo, ha chiarito. Probabilmente non a torto. Nella generale mediocrità soprattutto europea,  sul podio dei grandi macho leader del mondo sale ora anche Trump.

CORRUZIONE, MOGLIE, FRATELLO, AMICO INQUISITI, MA PEDRO SANCHEZ SI AGGRAPPA ALLA POLTRONA… E LA CATALOGNA STUFA DI PUIGDEMONT NON VUOLE PIU’ L’INDIPENDENZA

30/11/24 – In fatto di.morale politica, il Portogallo domina nella Penisola Iberica. Il primo ministro socialista Antonio Costa nel 2022 si è dimesso immediatamente quando il suo nome è emerso in una inchiesta per corruzione. Si è poi saputo che lui non c’entrava nulla. Il politico implicato era un suo omonimo, Antonio Costa Silva. Ma il premier dimissionario aveva dato una formidabile lezione di democrazia alla classe politica europea, soprattutto mediterranea. Dove in genere ci si aggrappa ad ogni costo alla poltrona. Ora, meritatamente, Costa è stato nominato nuovo presidente del Consiglio Europeo al posto dell’insipido ex-premier belga Charles Michel, Un salto di qualità che vede finalmente uscire di scena anche lo spagnolo Josep Borrell, il peggiore ministro degli esteri Ue da quando l’incarico esiste.

Caricatura, Sanchez e il procuratore capo dello stato

In casa del grande vicino iberico.del Portogallo, la etica politica è visibilmente diversa. Il capo del governo socialista di Madrid Pedro Sanchez vede la sua famiglia impantanata negli scandali di corruzione. Sua moglie Begonia Gomez e suo fratello David sono indagati per corruzione e/o traffico di influenza, cosi come il suo ex-braccio destro José Luis Abalos. Lo stesso procuratore generale dello stato di aerea socialista ora è indagato. Un fatto senza precedenti.  È accusato di avere fornito a Sanchez dati segreti di una inchiesta della magistratura, per discreditare una pericolosa rivale politica, la presidente Pp della regione di Madrid Isabel Ayuso. L’opposizione accusa Sanchez di essere al centro di un sistema di nepotismo e corruzione. Chiede che si dimetta. Il capo della destra radicale Santiago Abascal parla di una “Rosa Nostra”. Una sorta di Cosa Nostra, con la rosa socialista… Ma di dimettersi Sanchez, non vuole sentire parlare. Si è fatto rieleggere dal congresso di Siviglia capo del Psoe. Giura che arriverà al termine della legislatura, fra tre anni. E continua ad arrampicarsi sugli specchi per mantenersi al potere ad ogni costo,  ‘comprando’ di volta in volta con concessioni di ogni tipo i voti degli indipendentisti catalani e baschi. Senza i quali cadrebbe. A dargli una lezione di correttezza politica è stato negli ultimi giorni il dirigente della sinistra Inigo Errejon. Accusato di avere ‘molestato’ sfiorandole il fondoschiena durante una notte di festa una attrice, Elisa Mouliaá, che poi l’ha accompagnato a  casa sua, Errejon si è immadiatamente dimesso da tutti gli incarichi. Questo nonostante abbia dichiarato che la denuncia della donna era “falsa”.

Inikgo Errejon con Pablo Iglesias

STUFA DI PUIGDEMONT LA CATALOGNA NON VUOLE PIÙ L’INDIPENDENZA… – Un altro politico spagnolo con un senso molto personale dell’etica è l’ex-presidente della Catalogna Carles Puigdemont, responsabile della fine disastrosa della “indipendenza” nel 2017. Prima delle ultime elezioni catalane in maggio Puigdemont aveva giurato che avrebbe lasciato la politica se non fosse riuscito a farsi rieleggere presidente della Catalogna. Ed è stato eletto il socialista Salvador Illa. Puigdemont ha abbandonato la vita politica? Naturalmente no. Anzi. Si è fatto rieleggere presidente del suo partito, Junts per Catalunya, defenestrando gli oppositori interni. Intanto. Stanchi dei giochetti dei loro politici, i catalani si allontanano dal sogno dell’indipendenza. I partiti indipendentisti hanno perso la maggioranza nel Parlament alle ultime elezioni. Ora un sondaggio rivela che il 54% non vuole più sentire parlare (un massimo storico) dell’indipendenza, mentre solo il 40%  ancora sogna la ‘repubblica’.

 

Caricatura Puigdemont

Segno della distanza crescente dei catalani verso la demogagia dei proclami donchisciotteschi e velleitari dei vecchi leader indipendentisti, nel sondaggio il solo partito che cresce è Alianca Catalana (destra radicale per l’ indipendenza) del giovane sindaco di Ripoll Silvia Orriols. Nato solo pochi mesi fa, con un programma di contestazione del vecchio sistema il partito di Orriols  ha conquistato inaspettatamente due seggi nel Parlament Catalano alle ultime elezioni. Ora, poche settimane dopo secondo il sondaggio li triplicherebbe…

Pedro Sanchez, Maduro, Salvini, Erdogan, giustizia politica? Presto, magistrati robot imparziali! 

18/9/24 – Giudici contro. Contro il governo, in Italia, le opposizioni in Venezuela o in Turchia, in difesa del potere nella Spagna post-franchista. La dea bendata si toglie la benda per intervenire nella politica. Una deriva che, con gradi molto diversi di intensità, colpisce paesi come Spagna, Venezuela, Italia, Turchia. Non solo le dittature.  E se la soluzione del problema venisse dalla Intelligenza Artificiale Evolutiva? Una Giustizia dei Robot intelligenti di ultimissima generazione, fra 20/30 anni, capace di vera imparzialità, immune da corruzione, derive politiche. Insomma di cui gli umani possano fidarsi.

(La Giustizia, caricatura P. Moreno)

Il Venezuela del caudillo Nicolás Maduro, è un chiaro esempio di una giustizia agli ordini del potere. Dopo le ultime presidenziali vinte dal candidato dell’opposizione Edmundo Gonzlez i magistrati si sono scatenati contro chi denunciava il furto del voto. Arresti di massa, violenze, repressione, sotto la ‘legalità’ di un apparato giudiziario di regime. González ha dovuto fuggire in Spagna per evitare il carcere. Per ritorsione la giustizia di regime ha fatto arrestare due turisti spagnoli, accusati di essere agenti dei servizi segreti di Madrid. La Turchia è un altro esempio di una giustizia agli ordini di un potere autoritario. Quello del ‘sultano’ Erdogan, da 25 anni inamovibile premier/presidente islamico del paese. Molti magistrati sono diventati il braccio armato delle epurazioni volute da Erdogan dopo il golpe da operetta del 2016, pretesto per lanciare una epurazione politica su larga scala. Togliendo di mezzo 4.500 dei 14.500 giudici e procuratori turchi, rimossi, incriminati, arrestati. “Ogni altra atrocità e forma di oppressione è stata resa possibile grazie alla scelleratamente astuta mossa di epurare il potere giudiziario”, accusa l’ex-magistrato Yavud Sydin.  Sono finiti in manette anche centinaia di giornalisti, dirigenti politici,  sindaci, , avvocati, universitari. Oltre a 30 mila funzionari e militari. La Nato, di cui la Turchia fa parte, e l’Europa hanno guardato da un’altra parte. 

(caricatura, le purghe di Erdogan dopo il golpe)

La deriva di una giustizia politicizzata non è una esclusiva dei regimi autoritari. In Italia, negli ultimi 30 anni giudici di sinistra hanno smantellato con ‘Tangentopoli’ il potere democristiano-socialista che aveva governato il paese dalla fine della guerra. Poi si sono accaniti sul nuovo leader del centro destra Silvio Berlusconi. Ora nel mirino c’è il capo della Lega e vicepremier Matteo Salvini, allora ministro degli interni, per avere impedito nel 2019 come prevedeva la legge lo sbarco di 147 migranti a bordo della nave dell’ong di Barcellona Open Arms. I pm di Palermo chiedono che venga condannato a sei anni di carcere per “sequestro di persona”. Una condanna di Salvini potrebbe fare cadere il governo di centro destra della premier Meloni. 

(Sanhez e la moglie Begonia Gomez, caricatura Garcia Moran)

In Spagna le derive di una giustizia post franchista, in difesa del potere centrale, hanno fatto finire in carcete per due anni i ministri del Governo indipendentista catalano che nel 2017 aveva convocato un referendum sull’indipendenza. Ora parte della magistratura rifiuta di applicare la legge di amnistia degli indipendentisti incriminati nel 2017, formalmente approvata dal parlamento di Madrid. Mentre il premier socialista Pedro Sanchez beneficia di una difesa a oltranza di procura e avvocatura dello stato contro un giudice ostinato – di cui chiedono la ricusazione – nella vicenda privata che vede imputati per presunto traffico di influenza e corruzione sua moglie e suo fratello.  Insomma la giustizia degli uomini sembra sempre più vulnerabile a difetti e fragilità umani: parzialità, obbedienza al potere, senso di onnipotenza, interessi privati. L’esplosione della Intelligenza Artificiale ci avvia sembra, fra 20/30 anni, verso un mondo dominato dai robot super intelligenti e evolutivi. Per l’imparzialità della giustizia potrebbe non essere un male.

Pedro Sánchez, Maduro, Salvini, Erdogan, ¿justicia política? ¡Rapido por favor, jueces robot imparciales!

15/09/24 – Jueces contra. Contra el gobierno, en Italia, la oposición en Venezuela o Turquía, en defensa del poder en la España posfranquista. La diosa con los ojos vendados se quita la venda para intervenir en la política. Una deriva que, con muy distintos grados de intensidad, afecta paises como España, Venezuela, Italia y Türkiye. No solo dictaduras. ¿Y si la solución al problema viniera de la mano de la Inteligencia Artificial? Una Justicia de última generación de los robots inteligentes, en 10/20 años. Capaz paz de una verdadera imparcialidad, inmune a la corrupción y a la deriva política. Una justicia en la que los humanos puedan confiar.

Venezuela del caudillo Nicolás Maduro es un claro ejemplo de justicia a las órdenes del poder. Después de las últimas elecciones presidenciales ganadas por el candidato opositor Edmundo González los magistrados arremetieron contra quienes denunciaban el robo del voto. Detenciones masivas, violencia, represión, bajo la ‘legalidad’ del aparato judicial del régimen. González tuvo que huir a España para evitar la cárcel. En represalia, la justicia del régimen detuvo a dos turistas españoles, acusados de querer matar Maduro. 

(caricatura Paresh, Erdogan y el golpe)

Turquía es otro ejemplo de justicia bajo las órdenes de un poder autoritario. El ‘sultán’ Erdogan, inamovible primer ministro/presidente islámico suní del país durante 25 años. Muchos magistrados se han convertido en el brazo armado de las purgas ordenadas por Erdogan tras el golpe de opereta de 2016. Pretexto para lanzar una represion política a gran escala. Con la destitucion de 4.500 de los 14.500 jueces y fiscales turcos, despedidos, acusados,  detenidos. “Todas las demás atrocidades y formas de opresión fueron posibles gracias a la perversa y astuta medida de purgar el poder judicial” acusa el ex magistrado Yavud Sydin. Cientos de periodistas, dirigentes políticos, alcaldes, abogados, profesores universitarios también acabaron esposados. Además de 30 mil funcionarios y soldados. La OTAN, de la que Turquía es miembro, y Europa miraron para otro lado.

(La Justicia, caricatura P. Moran)

La tendencia hacia la justicia politizada no es exclusiva de los regímenes autoritarios. En Italia durante los últimos 30 años jueces de izquierda han desmantelado con ‘Tangentopoli’ el poder cristiano-demócrata/ socialista que había gobernado el país desde el final de la guerra. Luego se volvieron contra el nuevo líder del centro derecha Silvio Berlusconi. Ahora el jefe de la Liga y viceprimer ministro Matteo Salvini, entonces ministro del Interior, está siendo criticado por haber impedido en 2019 el desembarco de 147 inmigrantes a bordo del barco de la ONG barcelonesa Open Arms, como exigia la ley. La fiscalía de Palermo pide que se le condene a seis años de prisión por “secuestro”. Una condena de Salvini podría derribar el gobierno de centroderecha del primer ministro Meloni.

En España, las derivas de una justicia posfranquista – en defensa del poder central – han llevado  en prison por dos años, a los ministros del gobierno independentista catalan que en 2017 había convocado un referéndum sobre la independencia. Y ahora una parte del poder judicial se niega a aplicar la ley de amnistía para los independentistas acusados en 2017, aprobada formalmente por el Parlamento de Madrid. Mientras que el presidente socialista Pedro Sánchez se beneficia de una defensa total por parte de la fiscalía y los abogados del Estado contra un juez obstinado – cuya recusación piden- en el asunto privado en el que se acusa a su esposa y a su hermano de presunto tráfico de influencias y corrupción.

(caricatura Garcia Moran, Pedro Sanchez y su esposa Begona Gomez)

En resumen, la justicia humana parece cada vez más vulnerable a los defectos y fragilidades humanas: parcialidad, vulnerabilidad al poder, sentido de omnipotencia, intereses privados. La explosión de la Inteligencia Artificial podria conducirnos, dentro quizas  20 o 30 años, hacia un mundo dominado por robots superinteligentes y evolutivos. Para la imparcialidad de la justicia esto podría no ser algo malo.

Zelensky exporta la guerra a África, y con nuestro dinero ayuda a Al Qaeda… ‘útil idiota’ peligroso de Occidente

24/08/24 – No basta con poner a Europa en riesgo de una guerra global, tal vez nuclear. El presidente ucraniano, el ex comediante Zelensky, ha decidido exportar el conflicto con Rusia, con los riesgos mortales que conlleva, al continente africano, ayudando también a los yihadistas de Al Qaeda en Sahel. En los últimos días ha habido noticias de una masacre de soldados rusos y malienses en el pueblo de Tinzaouaten, cerca de la frontera con Argelia, llevada a cabo por milicianos rebeldes tuareg del Azawad y del grupo yihadista Jamaat Nusrat al-Islam wal-Muslimin, filial local de Al Qaeda. Con la ayuda de Ucrania. Más de 120 hombres, rusos del African Corps, el ex Grupo Wagner, y del ejército de Malí murieron en una emboscada en el desierto. Kiev contribuyó a la masacre con información de inteligencia, armas y drones lanzadores de misiles, probablemente operados por soldados ucranianos.

(Manel Fontdevila, elDiario.es)

Mali y otros dos estados del Sahel, Níger y Burkina Faso, han roto relaciones diplomáticas con Ucrania, denunciando el apoyo de Kiev al “terrorismo internacional”. Al Qaeda y el Isis llevan años empeñados en una sangrienta labor de desestabilización de los Estados del Sahel, gradualmente abandonados por las antiguas potencias coloniales europeas, en particular por Francia. En la loca y absurda guerra contra Moscú, Zelensky está jugando ahora tambien la peligrosa carta de desestabilizar a los países africanos en la órbita de Moscú. Y, aún más peligroso, al apoyar a grupos yihadistas que pretenden destruir Occidente.

¿Y Con qué dinero? El nuestro. Durante dos años, Zelensky ha estado recorriendo las capitales occidentales pidiendo dinero para resistir la “agresión” rusa, explicando que Kiev por sí sola no tiene los medios. Consiguió sacar decenas de miles de millones de euros y dólares de los bolsillos de europeos y estadounidenses. A quienes nadie preguntó si estaban de acuerdo en financiar a Zelensky. Ahora bien, obviamente, dado que Kiev llora miseria – mientras sus ciudadanos más ricos se mudan con sus pertenencias a casas de millones de dólares en la Costa Brava y otros lugares agradables de Europa – el dinero para desestabilizar el Sahel y ayudar a Al Qaeda proviene de las mismas fuentes. . Nuestros bolsillos. ¿Estamos de acuerdo? ¿Están de acuerdo nuestros gobiernos? Malí no es un caso aislado. Ucrania está enviando soldados, armas, sistemas de misiles y apoyo de inteligencia a países africanos donde hay una fuerte presencia rusa. Un portavoz de la inteligencia ucraniana reivindicó el apoyo a la emboscada de Tinzaouaten. Zelinsky encaja así en la tradición de la “guerra sucia” y altamente inmoral iniciada por Estados Unidos en Afganistán en los años 1980, para derrocar al gobierno de Kabul, cercano de Moscú. Los estadounidenses financiaron y armaron a un tal Osama Bin Laden para derrocar al gobierno secular afgano. Las mujeres en Kabul podian estudiar, salir en minifalda, ejercer cualquier profesión, votar. Tenían los mismos derechos que los hombres! Sabemos cómo son las cosas hoy para las mujeres afganas…

Bin Laden (Tik Tok)

La medida de Washington, apoyada por los europeos, permitió a Bin Laden construir, armar y expandir Al Qaeda. Y luego allanó el camino para el régimen oscurantista de los talibanes. Después de derrocar al gobierno secular de Kabul, Occidente ha abandonado gradualmente a Afganistán y sus mujeres a su oscuro destino de califado islamico. E hizo que las mujeres afganas volvieran a la Edad Media islámica. Y nos hablan de la defensa de la democracia… Como en la absurda guerra de Ucrania. Con la bendicion de Occidente Kiev intenta contrarrestar a cualquier precio, con ayuda militar, económica y alimentaria, la creciente influencia rusa también en África Oriental y Occidental (donde la histórica de las antiguas potencias coloniales europeas se está derrumbando). Mientras que en el resto del continente africano crece la de China, aliado estratégico de Moscú. Y en el mundo árabe, especialmente en Libia, avanza con armas, dinero y soldados la Turquia neo-otomana del ‘sultán’ Erdogan. Tras perder la guerra en Siria, donde apoyó a ISIS.  El creciente poder de Moscú en África quedó de manifiesto en la reciente ridicula “conferencia de paz” (sin Rusia…) en Suiza: sólo 11 países africanos, de 54, firmaron la declaración final propuesta por Zelensky.

Los amigos de Zelensky (Sunday Telegraph)

El presidente ucraniano aparece cada vez más como un “idiota útil” en la estrategia estadounidense encaminada a humillar a Rusia (con sus aliados, China, Irán, Sudáfrica, India), a través del conflicto ucraniano, en el tira y afloja por la hegemonía economica, comercial y monetaria mundial. Sin embargo, parece que sus protectores pronto podrían abandonarlo y dejarlo de lado. Se habla del ex ministro del Interior Arsen Avakov, cercano a los ultranacionalistas, como posible sustituto. Mucho dependerá del resultado de las elecciones presidenciales estadounidenses de noviembre. Trump ha prometido que si gana detendrá la guerra en 48 horas. Y Zelensky, el hombre de la guerra, podría tener que abandonar la escena. Sin embargo, si Kamala Harris gana, lo más probable es que la guerra continúe. Estados Unidos está muy lejos… pero el destino de Europa correrá entonces un riesgo muy alto.

RIDICOLO CATALANO. ADDIO INDIPENDENZA…

12.8.24 – Il ridicolo non uccide, dicono. Ma in Catalogna forse si. C’è scappato il cadavere. Quello del sogno dell’ indipendenza. Che la regione spagnola aveva sfiorato nel 2017. Scatenando la feroce repressione dello stato spagnolo.  Il ‘killer’, pistola fumante in mano, è L’ex-‘President’ Carles Puigdemont, che nel 2017 già aveva disastrosamente gestito il ‘proces’ che – prometteva – doveva portare i catalani a separarsi dalla Spagna. Ora il ridicolo… Davanti alla durissima risposta di  Madrid, che aveva azzerato le istituzioni catalane e messo in prigione i loro dirigenti, Puigdemont era scappato in Belgio nascosto nel baule di un’aut.  Lasciando i suoi ministri nelle carceri  spagnole. Da allora, nella sicurezza dorata dell’Europarlamento, con stipendio da eurodeputato, e invano inseguito dai mandati di cattura spagnoli, ha continuato a lanciare proclami donquisciotteschi al popolo indipendentista e sfide muscolari a Madrid. Aveva scelto di abitare a Waterloo, vicino a Bruxelles, dove Napoleone il Grande aveva combattuto la sua ultima tragica battaglia. Prima, pure lui, dell’esilio.

Puigdemont (caricatura Vizcarra)

L’anno scorso un colpo di fortuna ha fatto uscire dall’irrilevanza il Piccolo Napoleone catalano. Dopo le politiche spagnole, che avevano prodotto un parlamento ingovernabile, i 7 deputati (su 350) del suo partito JpC sono diventati l’ago della bilancia per dare una maggioranza e salvare la poltrona al premier socialista Pedro Sanchez.  Puigdemont li aveva ‘ceduti’ in cambio di una amnistia ad personam. Votata dal parlamento spagnolo. Ma contestata da alcuni giudici di stampo post franchista.  Uno dei quali ha confermato per ora il mandato di cattura per l’ex ‘president’.

Questo ha rovinato i piani di Puigdemont, che alle elezioni catalane di giugno è arrivato secondo (votato soprattutto nella Catalogna profonda del nor), 10 punti  dietro al socialista Salvador Illa. Sperava – senza però avere i numeri – di farsi rieleggere ‘President’. Le elezioni sono state disastrose per il fronte dell’ indipendenza, che ha perso la maggioranza assoluta nel Parlament che aveva dalla fine del franchismo. Eppure per motivare l’elettorato indipendentista durante la campagna Puigdemont aveva giurato che avrebbe lasciato la politica se non fosse riuscito a ridiventare presidente (ma oggi non ne parla più). Sperava in un ritorno trionfale in Catalogna dopo sette anni di esilio per la sessione di investitura del nuovo presidente catalano, convinto di poter bloccare l’elezione di Illa. Anche a rischio, porgendo coraggiosamente  il petto al nemico ‘spagnolista, di essere arrestato. Sperava cosi di provocare una tensione insostenibile e fare saltare il patto di investura fra Illa e l’altro grande partito indipendentista, Erc del ‘Nelson Mandela catalano’ Oriol Junqueras, finito in carcere nel 2017.. Che aveva strappato una concessione storica al premier Sanchez in cambio dell’appoggio a Illa: l’autonomia fiscale, sognata dai catalani dai tempi della morte del dittatore Franco. 

‘Il bacio’ Sanchez/Puigdemont (murales a Barcellona di TVBoy)

Ma il ritorno trionfale di Puigdemont si è trasformato in operetta comica. È arrivato la mattina dell’investitura in una piazza di Barcellona accolto da alcune centinaia di tifosi per lo più pensionati. Non è nemmeno entrato nel Parlament, ha fatto un discorsetto di 5 minuti. Poi è di nuovo scappato a Waterloo. La polizia locale catalana, i Mossos, si è ben guardata dall’ arrestarlo, sprofondando a sua volta nel ridicolo. Ha tra l’altro spiegato poi di averlo perso di vista perchè gli agenti che lo pedinavano sono stati fermati da un semaforo rosso… Visibilmente nessuno, a Madrid come a Barcellona, moriva dalla voglia di sobbarcarsi la grana di arrestarlo. 

ILLA, L’ANTI-PUIGDEMONT, CON DUCH PACE CON BRUXELLES 

L’elezione del molto pragmatico Illa segna la fine del sogno indipendentista. Molti catalani sono stufi dei proclami a vuoto di Puigdemont e dei suoi. Vogliono tornare a una politica di riconciliazione, che si occupi dei veri problemi della gente e non delle chimere ideologiche. Illa lo ha capito. Ha formato un governo di servizio ai catalani e di (ri)conciliazione, nominando due ex-dirigenti del partito di Puigdemont. E due ministri uscenti di Erc. Nel governo di Illa è entrato anche Jaume Duch, uno dei più brillanti alti funzionari europei, ex consigliere dell’attuale ministro degli esteri italiano Antonio Tajani, quando era presidente dell’Europarlamento. La nomina di Duch a ministro per l’Ue e le relazioni esterne segna la volontà di normalizzare le relazioni con Bruxelles, dopo le tensioni dell’era Puigdemont. L’ex-President, convinto della propria importanza,  potrebbe però ora vendicarsi per essere stato ancora una volta marginalizzato, facendo cadere a Madrid Sanchez, già fragilizzato dalle inchieste per presunta corruzione che coinvolgono il fratello David e la moglie Begonia Gomez. 

Jaume Duch (sinistra) e Salovador Illa (Efe)

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