CORRUZIONE, MOGLIE, FRATELLO, AMICO INQUISITI, MA PEDRO SANCHEZ SI AGGRAPPA ALLA POLTRONA… E LA CATALOGNA STUFA DI PUIGDEMONT NON VUOLE PIU’ L’INDIPENDENZA

30/11/24 – In fatto di.morale politica, il Portogallo domina nella Penisola Iberica. Il primo ministro socialista Antonio Costa nel 2022 si è dimesso immediatamente quando il suo nome è emerso in una inchiesta per corruzione. Si è poi saputo che lui non c’entrava nulla. Il politico implicato era un suo omonimo, Antonio Costa Silva. Ma il premier dimissionario aveva dato una formidabile lezione di democrazia alla classe politica europea, soprattutto mediterranea. Dove in genere ci si aggrappa ad ogni costo alla poltrona. Ora, meritatamente, Costa è stato nominato nuovo presidente del Consiglio Europeo al posto dell’insipido ex-premier belga Charles Michel, Un salto di qualità che vede finalmente uscire di scena anche lo spagnolo Josep Borrell, il peggiore ministro degli esteri Ue da quando l’incarico esiste.

Caricatura, Sanchez e il procuratore capo dello stato

In casa del grande vicino iberico.del Portogallo, la etica politica è visibilmente diversa. Il capo del governo socialista di Madrid Pedro Sanchez vede la sua famiglia impantanata negli scandali di corruzione. Sua moglie Begonia Gomez e suo fratello David sono indagati per corruzione e/o traffico di influenza, cosi come il suo ex-braccio destro José Luis Abalos. Lo stesso procuratore generale dello stato di aerea socialista ora è indagato. Un fatto senza precedenti.  È accusato di avere fornito a Sanchez dati segreti di una inchiesta della magistratura, per discreditare una pericolosa rivale politica, la presidente Pp della regione di Madrid Isabel Ayuso. L’opposizione accusa Sanchez di essere al centro di un sistema di nepotismo e corruzione. Chiede che si dimetta. Il capo della destra radicale Santiago Abascal parla di una “Rosa Nostra”. Una sorta di Cosa Nostra, con la rosa socialista… Ma di dimettersi Sanchez, non vuole sentire parlare. Si è fatto rieleggere dal congresso di Siviglia capo del Psoe. Giura che arriverà al termine della legislatura, fra tre anni. E continua ad arrampicarsi sugli specchi per mantenersi al potere ad ogni costo,  ‘comprando’ di volta in volta con concessioni di ogni tipo i voti degli indipendentisti catalani e baschi. Senza i quali cadrebbe. A dargli una lezione di correttezza politica è stato negli ultimi giorni il dirigente della sinistra Inigo Errejon. Accusato di avere ‘molestato’ sfiorandole il fondoschiena durante una notte di festa una attrice, Elisa Mouliaá, che poi l’ha accompagnato a  casa sua, Errejon si è immadiatamente dimesso da tutti gli incarichi. Questo nonostante abbia dichiarato che la denuncia della donna era “falsa”.

Inikgo Errejon con Pablo Iglesias

STUFA DI PUIGDEMONT LA CATALOGNA NON VUOLE PIÙ L’INDIPENDENZA… – Un altro politico spagnolo con un senso molto personale dell’etica è l’ex-presidente della Catalogna Carles Puigdemont, responsabile della fine disastrosa della “indipendenza” nel 2017. Prima delle ultime elezioni catalane in maggio Puigdemont aveva giurato che avrebbe lasciato la politica se non fosse riuscito a farsi rieleggere presidente della Catalogna. Ed è stato eletto il socialista Salvador Illa. Puigdemont ha abbandonato la vita politica? Naturalmente no. Anzi. Si è fatto rieleggere presidente del suo partito, Junts per Catalunya, defenestrando gli oppositori interni. Intanto. Stanchi dei giochetti dei loro politici, i catalani si allontanano dal sogno dell’indipendenza. I partiti indipendentisti hanno perso la maggioranza nel Parlament alle ultime elezioni. Ora un sondaggio rivela che il 54% non vuole più sentire parlare (un massimo storico) dell’indipendenza, mentre solo il 40%  ancora sogna la ‘repubblica’.

 

Caricatura Puigdemont

Segno della distanza crescente dei catalani verso la demogagia dei proclami donchisciotteschi e velleitari dei vecchi leader indipendentisti, nel sondaggio il solo partito che cresce è Alianca Catalana (destra radicale per l’ indipendenza) del giovane sindaco di Ripoll Silvia Orriols. Nato solo pochi mesi fa, con un programma di contestazione del vecchio sistema il partito di Orriols  ha conquistato inaspettatamente due seggi nel Parlament Catalano alle ultime elezioni. Ora, poche settimane dopo secondo il sondaggio li triplicherebbe…

Pedro Sanchez, Maduro, Salvini, Erdogan, giustizia politica? Presto, magistrati robot imparziali! 

18/9/24 – Giudici contro. Contro il governo, in Italia, le opposizioni in Venezuela o in Turchia, in difesa del potere nella Spagna post-franchista. La dea bendata si toglie la benda per intervenire nella politica. Una deriva che, con gradi molto diversi di intensità, colpisce paesi come Spagna, Venezuela, Italia, Turchia. Non solo le dittature.  E se la soluzione del problema venisse dalla Intelligenza Artificiale Evolutiva? Una Giustizia dei Robot intelligenti di ultimissima generazione, fra 20/30 anni, capace di vera imparzialità, immune da corruzione, derive politiche. Insomma di cui gli umani possano fidarsi.

(La Giustizia, caricatura P. Moreno)

Il Venezuela del caudillo Nicolás Maduro, è un chiaro esempio di una giustizia agli ordini del potere. Dopo le ultime presidenziali vinte dal candidato dell’opposizione Edmundo Gonzlez i magistrati si sono scatenati contro chi denunciava il furto del voto. Arresti di massa, violenze, repressione, sotto la ‘legalità’ di un apparato giudiziario di regime. González ha dovuto fuggire in Spagna per evitare il carcere. Per ritorsione la giustizia di regime ha fatto arrestare due turisti spagnoli, accusati di essere agenti dei servizi segreti di Madrid. La Turchia è un altro esempio di una giustizia agli ordini di un potere autoritario. Quello del ‘sultano’ Erdogan, da 25 anni inamovibile premier/presidente islamico del paese. Molti magistrati sono diventati il braccio armato delle epurazioni volute da Erdogan dopo il golpe da operetta del 2016, pretesto per lanciare una epurazione politica su larga scala. Togliendo di mezzo 4.500 dei 14.500 giudici e procuratori turchi, rimossi, incriminati, arrestati. “Ogni altra atrocità e forma di oppressione è stata resa possibile grazie alla scelleratamente astuta mossa di epurare il potere giudiziario”, accusa l’ex-magistrato Yavud Sydin.  Sono finiti in manette anche centinaia di giornalisti, dirigenti politici,  sindaci, , avvocati, universitari. Oltre a 30 mila funzionari e militari. La Nato, di cui la Turchia fa parte, e l’Europa hanno guardato da un’altra parte. 

(caricatura, le purghe di Erdogan dopo il golpe)

La deriva di una giustizia politicizzata non è una esclusiva dei regimi autoritari. In Italia, negli ultimi 30 anni giudici di sinistra hanno smantellato con ‘Tangentopoli’ il potere democristiano-socialista che aveva governato il paese dalla fine della guerra. Poi si sono accaniti sul nuovo leader del centro destra Silvio Berlusconi. Ora nel mirino c’è il capo della Lega e vicepremier Matteo Salvini, allora ministro degli interni, per avere impedito nel 2019 come prevedeva la legge lo sbarco di 147 migranti a bordo della nave dell’ong di Barcellona Open Arms. I pm di Palermo chiedono che venga condannato a sei anni di carcere per “sequestro di persona”. Una condanna di Salvini potrebbe fare cadere il governo di centro destra della premier Meloni. 

(Sanhez e la moglie Begonia Gomez, caricatura Garcia Moran)

In Spagna le derive di una giustizia post franchista, in difesa del potere centrale, hanno fatto finire in carcete per due anni i ministri del Governo indipendentista catalano che nel 2017 aveva convocato un referendum sull’indipendenza. Ora parte della magistratura rifiuta di applicare la legge di amnistia degli indipendentisti incriminati nel 2017, formalmente approvata dal parlamento di Madrid. Mentre il premier socialista Pedro Sanchez beneficia di una difesa a oltranza di procura e avvocatura dello stato contro un giudice ostinato – di cui chiedono la ricusazione – nella vicenda privata che vede imputati per presunto traffico di influenza e corruzione sua moglie e suo fratello.  Insomma la giustizia degli uomini sembra sempre più vulnerabile a difetti e fragilità umani: parzialità, obbedienza al potere, senso di onnipotenza, interessi privati. L’esplosione della Intelligenza Artificiale ci avvia sembra, fra 20/30 anni, verso un mondo dominato dai robot super intelligenti e evolutivi. Per l’imparzialità della giustizia potrebbe non essere un male.

Pedro Sánchez, Maduro, Salvini, Erdogan, ¿justicia política? ¡Rapido por favor, jueces robot imparciales!

15/09/24 – Jueces contra. Contra el gobierno, en Italia, la oposición en Venezuela o Turquía, en defensa del poder en la España posfranquista. La diosa con los ojos vendados se quita la venda para intervenir en la política. Una deriva que, con muy distintos grados de intensidad, afecta paises como España, Venezuela, Italia y Türkiye. No solo dictaduras. ¿Y si la solución al problema viniera de la mano de la Inteligencia Artificial? Una Justicia de última generación de los robots inteligentes, en 10/20 años. Capaz paz de una verdadera imparcialidad, inmune a la corrupción y a la deriva política. Una justicia en la que los humanos puedan confiar.

Venezuela del caudillo Nicolás Maduro es un claro ejemplo de justicia a las órdenes del poder. Después de las últimas elecciones presidenciales ganadas por el candidato opositor Edmundo González los magistrados arremetieron contra quienes denunciaban el robo del voto. Detenciones masivas, violencia, represión, bajo la ‘legalidad’ del aparato judicial del régimen. González tuvo que huir a España para evitar la cárcel. En represalia, la justicia del régimen detuvo a dos turistas españoles, acusados de querer matar Maduro. 

(caricatura Paresh, Erdogan y el golpe)

Turquía es otro ejemplo de justicia bajo las órdenes de un poder autoritario. El ‘sultán’ Erdogan, inamovible primer ministro/presidente islámico suní del país durante 25 años. Muchos magistrados se han convertido en el brazo armado de las purgas ordenadas por Erdogan tras el golpe de opereta de 2016. Pretexto para lanzar una represion política a gran escala. Con la destitucion de 4.500 de los 14.500 jueces y fiscales turcos, despedidos, acusados,  detenidos. “Todas las demás atrocidades y formas de opresión fueron posibles gracias a la perversa y astuta medida de purgar el poder judicial” acusa el ex magistrado Yavud Sydin. Cientos de periodistas, dirigentes políticos, alcaldes, abogados, profesores universitarios también acabaron esposados. Además de 30 mil funcionarios y soldados. La OTAN, de la que Turquía es miembro, y Europa miraron para otro lado.

(La Justicia, caricatura P. Moran)

La tendencia hacia la justicia politizada no es exclusiva de los regímenes autoritarios. En Italia durante los últimos 30 años jueces de izquierda han desmantelado con ‘Tangentopoli’ el poder cristiano-demócrata/ socialista que había gobernado el país desde el final de la guerra. Luego se volvieron contra el nuevo líder del centro derecha Silvio Berlusconi. Ahora el jefe de la Liga y viceprimer ministro Matteo Salvini, entonces ministro del Interior, está siendo criticado por haber impedido en 2019 el desembarco de 147 inmigrantes a bordo del barco de la ONG barcelonesa Open Arms, como exigia la ley. La fiscalía de Palermo pide que se le condene a seis años de prisión por “secuestro”. Una condena de Salvini podría derribar el gobierno de centroderecha del primer ministro Meloni.

En España, las derivas de una justicia posfranquista – en defensa del poder central – han llevado  en prison por dos años, a los ministros del gobierno independentista catalan que en 2017 había convocado un referéndum sobre la independencia. Y ahora una parte del poder judicial se niega a aplicar la ley de amnistía para los independentistas acusados en 2017, aprobada formalmente por el Parlamento de Madrid. Mientras que el presidente socialista Pedro Sánchez se beneficia de una defensa total por parte de la fiscalía y los abogados del Estado contra un juez obstinado – cuya recusación piden- en el asunto privado en el que se acusa a su esposa y a su hermano de presunto tráfico de influencias y corrupción.

(caricatura Garcia Moran, Pedro Sanchez y su esposa Begona Gomez)

En resumen, la justicia humana parece cada vez más vulnerable a los defectos y fragilidades humanas: parcialidad, vulnerabilidad al poder, sentido de omnipotencia, intereses privados. La explosión de la Inteligencia Artificial podria conducirnos, dentro quizas  20 o 30 años, hacia un mundo dominado por robots superinteligentes y evolutivos. Para la imparcialidad de la justicia esto podría no ser algo malo.

RIDICOLO CATALANO. ADDIO INDIPENDENZA…

12.8.24 – Il ridicolo non uccide, dicono. Ma in Catalogna forse si. C’è scappato il cadavere. Quello del sogno dell’ indipendenza. Che la regione spagnola aveva sfiorato nel 2017. Scatenando la feroce repressione dello stato spagnolo.  Il ‘killer’, pistola fumante in mano, è L’ex-‘President’ Carles Puigdemont, che nel 2017 già aveva disastrosamente gestito il ‘proces’ che – prometteva – doveva portare i catalani a separarsi dalla Spagna. Ora il ridicolo… Davanti alla durissima risposta di  Madrid, che aveva azzerato le istituzioni catalane e messo in prigione i loro dirigenti, Puigdemont era scappato in Belgio nascosto nel baule di un’aut.  Lasciando i suoi ministri nelle carceri  spagnole. Da allora, nella sicurezza dorata dell’Europarlamento, con stipendio da eurodeputato, e invano inseguito dai mandati di cattura spagnoli, ha continuato a lanciare proclami donquisciotteschi al popolo indipendentista e sfide muscolari a Madrid. Aveva scelto di abitare a Waterloo, vicino a Bruxelles, dove Napoleone il Grande aveva combattuto la sua ultima tragica battaglia. Prima, pure lui, dell’esilio.

Puigdemont (caricatura Vizcarra)

L’anno scorso un colpo di fortuna ha fatto uscire dall’irrilevanza il Piccolo Napoleone catalano. Dopo le politiche spagnole, che avevano prodotto un parlamento ingovernabile, i 7 deputati (su 350) del suo partito JpC sono diventati l’ago della bilancia per dare una maggioranza e salvare la poltrona al premier socialista Pedro Sanchez.  Puigdemont li aveva ‘ceduti’ in cambio di una amnistia ad personam. Votata dal parlamento spagnolo. Ma contestata da alcuni giudici di stampo post franchista.  Uno dei quali ha confermato per ora il mandato di cattura per l’ex ‘president’.

Questo ha rovinato i piani di Puigdemont, che alle elezioni catalane di giugno è arrivato secondo (votato soprattutto nella Catalogna profonda del nor), 10 punti  dietro al socialista Salvador Illa. Sperava – senza però avere i numeri – di farsi rieleggere ‘President’. Le elezioni sono state disastrose per il fronte dell’ indipendenza, che ha perso la maggioranza assoluta nel Parlament che aveva dalla fine del franchismo. Eppure per motivare l’elettorato indipendentista durante la campagna Puigdemont aveva giurato che avrebbe lasciato la politica se non fosse riuscito a ridiventare presidente (ma oggi non ne parla più). Sperava in un ritorno trionfale in Catalogna dopo sette anni di esilio per la sessione di investitura del nuovo presidente catalano, convinto di poter bloccare l’elezione di Illa. Anche a rischio, porgendo coraggiosamente  il petto al nemico ‘spagnolista, di essere arrestato. Sperava cosi di provocare una tensione insostenibile e fare saltare il patto di investura fra Illa e l’altro grande partito indipendentista, Erc del ‘Nelson Mandela catalano’ Oriol Junqueras, finito in carcere nel 2017.. Che aveva strappato una concessione storica al premier Sanchez in cambio dell’appoggio a Illa: l’autonomia fiscale, sognata dai catalani dai tempi della morte del dittatore Franco. 

‘Il bacio’ Sanchez/Puigdemont (murales a Barcellona di TVBoy)

Ma il ritorno trionfale di Puigdemont si è trasformato in operetta comica. È arrivato la mattina dell’investitura in una piazza di Barcellona accolto da alcune centinaia di tifosi per lo più pensionati. Non è nemmeno entrato nel Parlament, ha fatto un discorsetto di 5 minuti. Poi è di nuovo scappato a Waterloo. La polizia locale catalana, i Mossos, si è ben guardata dall’ arrestarlo, sprofondando a sua volta nel ridicolo. Ha tra l’altro spiegato poi di averlo perso di vista perchè gli agenti che lo pedinavano sono stati fermati da un semaforo rosso… Visibilmente nessuno, a Madrid come a Barcellona, moriva dalla voglia di sobbarcarsi la grana di arrestarlo. 

ILLA, L’ANTI-PUIGDEMONT, CON DUCH PACE CON BRUXELLES 

L’elezione del molto pragmatico Illa segna la fine del sogno indipendentista. Molti catalani sono stufi dei proclami a vuoto di Puigdemont e dei suoi. Vogliono tornare a una politica di riconciliazione, che si occupi dei veri problemi della gente e non delle chimere ideologiche. Illa lo ha capito. Ha formato un governo di servizio ai catalani e di (ri)conciliazione, nominando due ex-dirigenti del partito di Puigdemont. E due ministri uscenti di Erc. Nel governo di Illa è entrato anche Jaume Duch, uno dei più brillanti alti funzionari europei, ex consigliere dell’attuale ministro degli esteri italiano Antonio Tajani, quando era presidente dell’Europarlamento. La nomina di Duch a ministro per l’Ue e le relazioni esterne segna la volontà di normalizzare le relazioni con Bruxelles, dopo le tensioni dell’era Puigdemont. L’ex-President, convinto della propria importanza,  potrebbe però ora vendicarsi per essere stato ancora una volta marginalizzato, facendo cadere a Madrid Sanchez, già fragilizzato dalle inchieste per presunta corruzione che coinvolgono il fratello David e la moglie Begonia Gomez. 

Jaume Duch (sinistra) e Salovador Illa (Efe)

RIDÍCULO CATALÁN, ADIÓS INDEPENDENCIA…

12.08.24 – El ridículo no mata, dicen. Pero en Cataluña quizás sí. Con un cadaver. Lo del sueño de la independencia. A lo que la región española había estado casi cerca en 2017. Desatando la feroz represión del Estado español. El “killer”, pistola humeante en mano, es el ex “President” Carles Puigdemont, que en 2017 ya había gestionado desastrosamente el “procés” que – prometia – debía llevar a los catalanes a separarse de España. Ahora lo ridículo… Ante la durísima respuesta de Madrid, que aniquiló las instituciones catalanas y encarceló a sus dirigentes, Puigdemont huyó a Bélgica escondido en el maletero de un coche. Dejando a sus ministros en las cárceles españolas. Desde entonces, en la dorada seguridad del Parlamento Europeo, con el confortable salario de eurodiputado, y perseguido en vano por las órdenes de detención españolas, ha seguido lanzando proclamas quijotescas a los independentistas y desafíos a Madrid. Había elegido vivir en Waterloo, cerca de Bruselas, donde Napoleón el Grande había librado su última y trágica batalla. Antes, él también, del exilio de Sta Helena..

+++ ‘flirt’ Puigdemont y Sanchez ( caricatura Santi Orué)

El año pasado, un golpe de suerte sacó de la irrelevancia al Pequeño Napoleón catalán. Después de las políticas españolas, que habían producido un parlamento ingobernable, los 7 diputados (de 350) de su partido JpC se convirtieron en vitale para dar una mayoría y salvar el escaño al primer ministro socialista Pedro Sánchez. Puigdemont los había ‘entregado’ a cambio de una amnistía ad personam. Votada por el parlamento español. Pero cuestionada por algunos jueces posfranquistas. Uno de los cuales ha confirmado por ahora la orden de detención contra el ex ‘president’. Esto arruinó los planes de Puigdemont, que quedó segundo en las elecciones catalanas de junio (votado principalmente en el norte rural de la Cataluña profunda), 10 puntos por detrás del socialista Salvador Illa. Esperaba -pero sin tener los números- ser reelegido “President”. Las elecciones fueron desastrosas para el frente independentista, que perdió la mayoría absoluta en el Parlamento que ostentaba desde el fin del franquismo. Sin embargo, para motivar al electorado independentista durante la campaña, Puigdemont juró que dejaría la política si no lograba volver a ser presidente (pero hoy ya lo ha olvidado). Esperaba un regreso triunfal a Cataluña después de siete años de exilio para la sesión de investidura del nuevo presidente catalán. Convencido de que podría bloquear la elección de Illa. A riesgo de ser detenido. Ofrecia valientemente su pecho al enemigo españolista. Esperaba así provocar una tensión insostenible y socavar el pacto de investidura entre Illa y el otro gran partido independentista, ERC del ‘Nelson Mandela catalán’ Oriol Junqueras, que acabó en prisión en 2017. Erc habia arrancado una concesión histórica al presidente del Gobierno Sánchez a cambio del apoyo a Illa: la autonomía fiscal, soñada por los catalanes desde la muerte del dictador Franco.

++++ ‘El beso’ Sanchez/Puigdemont, murales en Barcellona del artista urbano TVBoy

Pero el regreso triunfal de Puigdemont se convirtió en una opereta cómica. Llegó la mañana de la investidura a una plaza de Barcelona recibido por cientos de aficionados, en su mayoría retirados. Ni siquiera entró al Parlamento, pronunció un pequeno discurso de cinco minutos. Luego volvió a huir a Waterloo. La policía local catalana, los Mossos, tuvieron cuidado de no arrestarlo, cayendo ellos mismos en el ridículo. Luego explicó que lo perdió de vista porque los agentes que lo seguían se vieron detenidos por un semáforo en rojo… Visiblemente nadie, ni en Madrid ni en Barcelona, se moría por tomarse la molestia de arrestarlo.

ILLA, EL ANTI-PUIGDEMONT, CON DUCH PAZ CON BRUSELAS

La elección del muy pragmático Illa marca probablemente el fin del sueño independentista. Muchos catalanes están hartos de las proclamas vacías de Puigdemont y sus hombres. Quieren volver a una política de reconciliación que aborde sus problemas reales y no las quimeras ideológicas. Illa lo entendió. Formó un gobierno ‘de servicio’ a los catalanes y de (re)conciliación, nombrando a dos ex líderes del partido de Puigdemont, y dos ministros de ERC. En el Gobierno de Illa también figura Jaume Duch, uno de los altos cargos europeos más brillantes, ex-asesor del actual ministro de Asuntos Exteriores italiano, Antonio Tajani, cuando éste era presidente del Parlamento Europeo. El nombramiento de Duch como ministro para la UE y las Asuntos Exteriores marca la voluntad de normalizar las relaciones con Bruselas, tras las tensiones de la era Puigdemont.  El expresidente, convencido de su propia importancia, podría ahora vengarse de haber sido nuevamente marginado, provocando la caída de Sánchez en Madrid, ya debilitado por las investigaciones por presunta corrupción que involucran a su hermano David y a su esposa Begonia Gómez.

++++ Jaume Duch (izq) y Salvador Illa (Efe)

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