CORRUPCIÓN. ACUSADOS ESPOSA, HERMANO, AMIGO. PEDRO SÁNCHEZ SE AGARRA AL SILLÓN! HARTA DE PUIGDEMONT, CATALUNYA DICE ADIÓS A LA INDEPENDENCIA

28/11/24 – Cuando se trata de moralidad política, Portugal domina en la Península Ibérica. El primer ministro socialista Antonio Costa dimitió inmediatamente en 2022 cuando su nombre surgió en una investigación de corrupción. Más tarde se supo que él no tenía nada que ver con eso. El político implicado era su tocayo Antonio Costa Silva. Pero el primer ministro dimitido había dado una formidable lección de democracia a la clase política europea, especialmente a la mediterránea. Donde generalmente se aferran a su sillas a toda costa. Con razón, Costa ha sido nombrado ahora nuevo presidente del Consejo Europeo en sustitución del insípido ex primer ministro belga Charles Michel. Un salto de calidad! En el que finalmente también ha dejado el español Josep Borrell, el peor ministro de Asuntos Exteriores de la UE desde que existe el encargo.

Caricatura, Sanchez y el fiscal general del Estado

En el país del gran vecino ibérico de Portugal, la ética política es visiblemente diferente. El jefe del gobierno socialista de Madrid, Pedro Sánchez, ve cómo su familia se hunde en escándalos de corrupción. Su esposa Begonia Gómez y su hermano David están bajo investigación por corrupción y/o tráfico de influencias, al igual que su ex mano derecha José Luis Ábalos. El fiscal general del Estado de area  socialista tambien está ahora bajo investigación. Un hecho sin precedentes. Se le acusa de haber proporcionado a Sánchez datos secretos de una investigación judicial, para desacreditar a una peligrosa rival política, la presidenta PP de la Comunidad de Madrid Isabel Ayuso. La oposición acusa a Sánchez de estar en el centro de un sistema de nepotismo y corrupción. Exige que dimita. El líder de la derecha radical Santiago Abascal habla de una “Rosa Nostra”. Una especie de Cosa Nostra con la rosa socialista… Pero Sánchez no quiere oír hablar de dimisiones. Se ha echo reelegir jefe del PSOE por el congreso de Sevilla. Promete llegar al final de la legislatura, dentro de tres años. Y sigue trepando a pajas para mantenerse en el poder a toda costa, ‘comprando’ una y otra vez con concesiones de todo tipo el voto de los independentistas catalanes y vascos Sin el cual caería.

 Inigo Errejon y Pablo Iglesias

En los últimos días, el líder de izquierda Íñigo Errejón le ha dado una contundente lección de corrección política. Acusado de haber, durante una noche de fiesta, ‘acosado’ rozándola donde la espalda perde su nombre a una actriz, Elisa Mouliaá, que luego acompañó al político a su casa, Errejón dimitió inmediatamente de todos los cargos. Esto a pesar de que declaró que la denuncia de la mujer era “falsa”.

HARTA DE PUIGDEMONT, CATALUÑA YA NO QUIERE INDEPENDENCIA… – Otro político español con un sentido ético muy personal es el expresidente de Cataluña Carles Puigdemont, responsable del desastroso fin de la “independencia” en 2017. Antes de las últimas elecciones catalanas de mayo Puigdemont había jurado que abandonaría la política si no lograba ser reelegido presidente de Cataluña. Y fue elegido el socialista Salvador Illa. ¿Puigdemont ha abandonado la vida política? Por supuesto que no. De lo contrario. Se ha echo reelegir presidente de su partido, Junts per Catalunya, defenestrando a sus oponentes internos. 

Caricatura Puigdemont

Mientras tanto, cansados de los juegos de sus políticos, los catalanes se alejan del sueño de independencia. Los partidos independentistas han perdido la mayoría en el Parlament en las últimas elecciones. Ahora una encuesta revela que el 54% ya no quiere oír hablar de la independencia (un máximo histórico). Sólo el 40% todavía sueña con la ‘republica’.  Muestra del creciente distanciamiento de los catalanes hacia la demogagia de las quijotescas proclamas de los viejos líderes independentistas, en la encuesta el único partido que crece es Alianca Catalana (derecha radical independentista) de la joven alcaldesa de Ripoll Silvia Orriols . Nacido hace sólo unos meses, con un programa de contestación al antiguo sistema, el partido de Orriols obtuvo inesperadamente dos escaños en el Parlamento catalán. Ahora, unas semanas después, según la encuesta, los triplicaría…

Pedro Sanchez, Maduro, Salvini, Erdogan, giustizia politica? Presto, magistrati robot imparziali! 

18/9/24 – Giudici contro. Contro il governo, in Italia, le opposizioni in Venezuela o in Turchia, in difesa del potere nella Spagna post-franchista. La dea bendata si toglie la benda per intervenire nella politica. Una deriva che, con gradi molto diversi di intensità, colpisce paesi come Spagna, Venezuela, Italia, Turchia. Non solo le dittature.  E se la soluzione del problema venisse dalla Intelligenza Artificiale Evolutiva? Una Giustizia dei Robot intelligenti di ultimissima generazione, fra 20/30 anni, capace di vera imparzialità, immune da corruzione, derive politiche. Insomma di cui gli umani possano fidarsi.

(La Giustizia, caricatura P. Moreno)

Il Venezuela del caudillo Nicolás Maduro, è un chiaro esempio di una giustizia agli ordini del potere. Dopo le ultime presidenziali vinte dal candidato dell’opposizione Edmundo Gonzlez i magistrati si sono scatenati contro chi denunciava il furto del voto. Arresti di massa, violenze, repressione, sotto la ‘legalità’ di un apparato giudiziario di regime. González ha dovuto fuggire in Spagna per evitare il carcere. Per ritorsione la giustizia di regime ha fatto arrestare due turisti spagnoli, accusati di essere agenti dei servizi segreti di Madrid. La Turchia è un altro esempio di una giustizia agli ordini di un potere autoritario. Quello del ‘sultano’ Erdogan, da 25 anni inamovibile premier/presidente islamico del paese. Molti magistrati sono diventati il braccio armato delle epurazioni volute da Erdogan dopo il golpe da operetta del 2016, pretesto per lanciare una epurazione politica su larga scala. Togliendo di mezzo 4.500 dei 14.500 giudici e procuratori turchi, rimossi, incriminati, arrestati. “Ogni altra atrocità e forma di oppressione è stata resa possibile grazie alla scelleratamente astuta mossa di epurare il potere giudiziario”, accusa l’ex-magistrato Yavud Sydin.  Sono finiti in manette anche centinaia di giornalisti, dirigenti politici,  sindaci, , avvocati, universitari. Oltre a 30 mila funzionari e militari. La Nato, di cui la Turchia fa parte, e l’Europa hanno guardato da un’altra parte. 

(caricatura, le purghe di Erdogan dopo il golpe)

La deriva di una giustizia politicizzata non è una esclusiva dei regimi autoritari. In Italia, negli ultimi 30 anni giudici di sinistra hanno smantellato con ‘Tangentopoli’ il potere democristiano-socialista che aveva governato il paese dalla fine della guerra. Poi si sono accaniti sul nuovo leader del centro destra Silvio Berlusconi. Ora nel mirino c’è il capo della Lega e vicepremier Matteo Salvini, allora ministro degli interni, per avere impedito nel 2019 come prevedeva la legge lo sbarco di 147 migranti a bordo della nave dell’ong di Barcellona Open Arms. I pm di Palermo chiedono che venga condannato a sei anni di carcere per “sequestro di persona”. Una condanna di Salvini potrebbe fare cadere il governo di centro destra della premier Meloni. 

(Sanhez e la moglie Begonia Gomez, caricatura Garcia Moran)

In Spagna le derive di una giustizia post franchista, in difesa del potere centrale, hanno fatto finire in carcete per due anni i ministri del Governo indipendentista catalano che nel 2017 aveva convocato un referendum sull’indipendenza. Ora parte della magistratura rifiuta di applicare la legge di amnistia degli indipendentisti incriminati nel 2017, formalmente approvata dal parlamento di Madrid. Mentre il premier socialista Pedro Sanchez beneficia di una difesa a oltranza di procura e avvocatura dello stato contro un giudice ostinato – di cui chiedono la ricusazione – nella vicenda privata che vede imputati per presunto traffico di influenza e corruzione sua moglie e suo fratello.  Insomma la giustizia degli uomini sembra sempre più vulnerabile a difetti e fragilità umani: parzialità, obbedienza al potere, senso di onnipotenza, interessi privati. L’esplosione della Intelligenza Artificiale ci avvia sembra, fra 20/30 anni, verso un mondo dominato dai robot super intelligenti e evolutivi. Per l’imparzialità della giustizia potrebbe non essere un male.

RIDICOLO CATALANO. ADDIO INDIPENDENZA…

12.8.24 – Il ridicolo non uccide, dicono. Ma in Catalogna forse si. C’è scappato il cadavere. Quello del sogno dell’ indipendenza. Che la regione spagnola aveva sfiorato nel 2017. Scatenando la feroce repressione dello stato spagnolo.  Il ‘killer’, pistola fumante in mano, è L’ex-‘President’ Carles Puigdemont, che nel 2017 già aveva disastrosamente gestito il ‘proces’ che – prometteva – doveva portare i catalani a separarsi dalla Spagna. Ora il ridicolo… Davanti alla durissima risposta di  Madrid, che aveva azzerato le istituzioni catalane e messo in prigione i loro dirigenti, Puigdemont era scappato in Belgio nascosto nel baule di un’aut.  Lasciando i suoi ministri nelle carceri  spagnole. Da allora, nella sicurezza dorata dell’Europarlamento, con stipendio da eurodeputato, e invano inseguito dai mandati di cattura spagnoli, ha continuato a lanciare proclami donquisciotteschi al popolo indipendentista e sfide muscolari a Madrid. Aveva scelto di abitare a Waterloo, vicino a Bruxelles, dove Napoleone il Grande aveva combattuto la sua ultima tragica battaglia. Prima, pure lui, dell’esilio.

Puigdemont (caricatura Vizcarra)

L’anno scorso un colpo di fortuna ha fatto uscire dall’irrilevanza il Piccolo Napoleone catalano. Dopo le politiche spagnole, che avevano prodotto un parlamento ingovernabile, i 7 deputati (su 350) del suo partito JpC sono diventati l’ago della bilancia per dare una maggioranza e salvare la poltrona al premier socialista Pedro Sanchez.  Puigdemont li aveva ‘ceduti’ in cambio di una amnistia ad personam. Votata dal parlamento spagnolo. Ma contestata da alcuni giudici di stampo post franchista.  Uno dei quali ha confermato per ora il mandato di cattura per l’ex ‘president’.

Questo ha rovinato i piani di Puigdemont, che alle elezioni catalane di giugno è arrivato secondo (votato soprattutto nella Catalogna profonda del nor), 10 punti  dietro al socialista Salvador Illa. Sperava – senza però avere i numeri – di farsi rieleggere ‘President’. Le elezioni sono state disastrose per il fronte dell’ indipendenza, che ha perso la maggioranza assoluta nel Parlament che aveva dalla fine del franchismo. Eppure per motivare l’elettorato indipendentista durante la campagna Puigdemont aveva giurato che avrebbe lasciato la politica se non fosse riuscito a ridiventare presidente (ma oggi non ne parla più). Sperava in un ritorno trionfale in Catalogna dopo sette anni di esilio per la sessione di investitura del nuovo presidente catalano, convinto di poter bloccare l’elezione di Illa. Anche a rischio, porgendo coraggiosamente  il petto al nemico ‘spagnolista, di essere arrestato. Sperava cosi di provocare una tensione insostenibile e fare saltare il patto di investura fra Illa e l’altro grande partito indipendentista, Erc del ‘Nelson Mandela catalano’ Oriol Junqueras, finito in carcere nel 2017.. Che aveva strappato una concessione storica al premier Sanchez in cambio dell’appoggio a Illa: l’autonomia fiscale, sognata dai catalani dai tempi della morte del dittatore Franco. 

‘Il bacio’ Sanchez/Puigdemont (murales a Barcellona di TVBoy)

Ma il ritorno trionfale di Puigdemont si è trasformato in operetta comica. È arrivato la mattina dell’investitura in una piazza di Barcellona accolto da alcune centinaia di tifosi per lo più pensionati. Non è nemmeno entrato nel Parlament, ha fatto un discorsetto di 5 minuti. Poi è di nuovo scappato a Waterloo. La polizia locale catalana, i Mossos, si è ben guardata dall’ arrestarlo, sprofondando a sua volta nel ridicolo. Ha tra l’altro spiegato poi di averlo perso di vista perchè gli agenti che lo pedinavano sono stati fermati da un semaforo rosso… Visibilmente nessuno, a Madrid come a Barcellona, moriva dalla voglia di sobbarcarsi la grana di arrestarlo. 

ILLA, L’ANTI-PUIGDEMONT, CON DUCH PACE CON BRUXELLES 

L’elezione del molto pragmatico Illa segna la fine del sogno indipendentista. Molti catalani sono stufi dei proclami a vuoto di Puigdemont e dei suoi. Vogliono tornare a una politica di riconciliazione, che si occupi dei veri problemi della gente e non delle chimere ideologiche. Illa lo ha capito. Ha formato un governo di servizio ai catalani e di (ri)conciliazione, nominando due ex-dirigenti del partito di Puigdemont. E due ministri uscenti di Erc. Nel governo di Illa è entrato anche Jaume Duch, uno dei più brillanti alti funzionari europei, ex consigliere dell’attuale ministro degli esteri italiano Antonio Tajani, quando era presidente dell’Europarlamento. La nomina di Duch a ministro per l’Ue e le relazioni esterne segna la volontà di normalizzare le relazioni con Bruxelles, dopo le tensioni dell’era Puigdemont. L’ex-President, convinto della propria importanza,  potrebbe però ora vendicarsi per essere stato ancora una volta marginalizzato, facendo cadere a Madrid Sanchez, già fragilizzato dalle inchieste per presunta corruzione che coinvolgono il fratello David e la moglie Begonia Gomez. 

Jaume Duch (sinistra) e Salovador Illa (Efe)

it_ITItaliano